Durante una stagione caratterizzata dall’isolamento interpersonale e dalla conseguente impossibilità di incontrarci per i nostri tradizionali convegni e le nostre gite, il lavoro dell’Associazione e lo scambio di idee

Ricerca di famiglie di api locali che dimostrino un buon adattamento alle condizioni del territorio nel quale sono allevate

 FASE 1, – l’idea

Dopo una lunga esperienza nell’allevamento delle api, l’idea di individuare ceppi che possano essere espressione del territorio appare interessante. E’ evidente che per un apicoltore, obbista o anche che intraprenda questa attività come professionista, la caratteristica per lui più rilevante è la produzione di miele. I risultati delle ultime stagioni però, evidenziano produzioni sempre più in calo, sempre più gravose attività per il controllo delle sciamature e per la sanificazione delle famiglie. La cosa che incuriosisce però gli apicoltori più attenti ed esperti, è la grande differenza di performances che si possono rilevare in ambienti diversi o in apiari diversi. Ovvia la strettissima relazione dei risultati con il posizionamento degli alveari e delle codizioni ambientali che caratterizzano quel luogo, ma le cose che si possono notare sono anche altre.

Quali sono i fattori che determinano questi risultati così diversi ?

Sicuramente le potenzialità nettarifere di quel territorio, la condizione climatica e la piovosità della stagione, se vogliamo anche la perizia più o meno professionale dell’apicoltore. Incidono poi le malattie dell’alveare, gli avvelenamenti che derivano dall’uso spesso spropositato dei diserbanti e degli antiparassitari. Le fioriture che non sono più tanto distribuite nell’arco della stagione e varie come forse erano un tempo.

Ma anche le api non sono più quelle di un tempo, dicono gli apicoltori più anziani ed esperti. Da tempo si parla della diffusa ibridazione di quelle che erano le api dei nostri nonni, chiamate le api grige, Api locali, che si erano sviluppate in centinaia di anni e quindi perfettamente adattate al loro territorio. L’avvento del parassita varroa, ha indotto molti ad acquistare regine che provenivano da paesi lontani, nella speranza che queste potessero in qualche modo contrastare la diffusione e la virulenza di questo parassita mortale per le nostre famiglie. Ma l’unico risultato ottenuto è stato quello di disperdere un patrimonio genetico che aveva reso le api più forti nel loro ambiente di origine.

Se a questa abitudine che numericamente ha assunto proporzioni esagerate, si accomuna anche la grande diffusione di acaricidi che, nel tentativo di arginare il danno ha di fatto selezionato gli acari più forti,  la situazione delle nostre api non si presenta sicuramente come la più rosea.

La conclusione è presto detta: la sempra minore disponibilità di alimenti diversi, scarsa biodiversità dell’ambiente rurale, e la sempre più pesante interferenza di acari, farmaci acaricidi e pesticidi, hanno reso la vita difficile se non impossibile alle nostre povere api. I giornali riportavano sempre più frequentemente notizie di spopolamenti e perdita di alveari.

Nasce così l’idea di mettere in atto una ricerca di dati oggettivi, di parametri misurabili che diano una “fotografia” di quello che veramente accade nelle famiglie, e che si possano mettere in forma analittica. Questo per avere un dato preciso di fenomeni che, fino ad ora, sono stati spesso solamente il frutto di sensazioni o ipotesi di lavoro rilevati sulla base di esperienza , ma che non sono confrontabili e misurabili con altre realtà.

Partendo da api comuni, possibilmente donate da apicoltori che non abbiano l’abitudine di comperare regine esotiche, e rilevando le misurazioni settimanalmente con fotografie e numeri precisi, si vuole individuare quella famiglia, o quelle famiglie, che dimostrino di adattarsi meglio a questa situazione che, ormai, dobbiamo ritenere essere la norma. Convinti che un organismo vivente che è ben adattato al suo ambiente, al suo territorio, resiste meglio alle avversità e possa offrire risultati di tutto rispetto.

FASE 2 – l’esperienza

La prima cosa da fare era quella di individuare una località adatta per metterci un apiario. Le caratteristiche ricercate erano legate alle potenzialità nettarifere, ma che rappresentasse uno standard per il nostro territorio collinare. Si voleva anche una facile accessibilità per poterlo accudire con frequenza in tutte le condizioni e che potesse avere un minimo di “isolamento” rispetto ad altri apiari dei quali non potevamo sapere nulla sul tipo di conduzione e sulla qualità delle regine,  e quindi dei fuchi, che eventualmente avrebbero potuto interferire.

Dopo varie ricerche si è deciso in installare le 12 famiglie in una splendida radura di una località posta tra Artegna e Montenars.

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Lanciato il messaggio agli apicoltori soci e non che volevano contribuire, sono state raccolte 12 famiglie provenienti da apicoltori diversi e ambienti diversi. La richiesta era: “dateci una famiglia interessante se non la migliore del vostro parco apistico, e che abbia una regina che si sia sviluppata nel vostro apiario e non acquistata”.

Nel maggio del 2019 l’apiario era stato completato ed allestito con cura. Tutte le famiglie erano su supporto singolo in modo da ridurre al minimo aventuali effetti di deriva.

Per tutta la stagione 2019 le api sono state accudite seguendo la comune prassi, facendo solamente controllo della sciamatura e prelevando i melari di miele che eventualmente venivano prodotti. Nessuna misurazione e nessuna attività che potesse in nessun modo modificare le condizioni di una famiglia rispetto alle altre.

All’inizio del mese di luglio tutte le regine venivano ingabbiate per il blocco di covata estivo, al termine del quale si sono fatti i trattamenti con Apibioxal sublimato.

Purtroppo la pioggia di quel periodo ci ha impedito di contare la caduta degli acari.

Finita questa fase che potremmo definire preliminare, tutte le famiglie sono state equilibrate nel numero dei telai e di api, in modo che all’invernamento fossero tutte nella stessa situazione.

L’obiettivo numero uno era quello di valutare come sarebbero arrivate alla primavera, in quantità e forza. Si voleva anche tenere conto di quelle che avrebbero avuto la necessità di essere alimentate e quali no.

Durante l’inverno si sono effettuate solamente visite all’apiario per verificare che non ci fossero stati danni causati dal maltempo o dagli animali selvatici, e veloci verifiche empiriche sulle condizioni delle scorte alimentari.

Primavera

Appena la nuova stagione ha avuto inizio, si sono notate le prime differenze. Una famiglia era ormai in fin di vita ed un’altra iniziava a manifestare la presenza di covata calcificata. Queste due famiglie sono state immediatamente allontanate dal gruppo.

Da questo momento in poi, ogni 10 giorni, si sono fotografati tutti i telai con la sovrapposizione di una mascherina dei sesti, in modo da poter dare una valutazione oggettiva e ponderata dello sviluppo della covata e del numero di api presenti sui favi.

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Tutti i dati sono stati inseriti in un foglio di calcolo che. Mediante apposite funzioni che tenevano conto dei “pesi” che erano stati attribuiti alle varie caratteristiche, avrebbe individuato la famiglia più in forma.

Durante tutto il periodo sono state registrate tutte le attività e tutte le note che potevano avere un interesse per avere, alla fine, una valutazione conclusiva.

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[esempio dei dati di una visita]

La conduzione degli alveari è stata tradizionale, con visite che oltre a misurare lo sviluppo, tenevano conto anche delle celle reali che venivano costruite, delle eventuali sciamature e di ogni altro aspetto che avrebbe potuto influenzare la scelta finale.

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[dati aggregati per data visite e famiglie]

Per ogni famiglia sono state predisposte più modalità diverse per la rappresentazione degli andamenti, in modo che fosse possibile apprezzare anche aspetti non noti che avrebbero potuto influenzare l’analisi. L’obiettivo era quello di essere veramente obiettivi e non farsi indurre in facili entusiasmi o preconcetti

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[esempio dell’andamento nella stagione]

Estate

Alla fine della fioritura dell’acacia, quando il castagno iniziava la sua fioritura, abbiamo studiato attentamente i grafici e le tabelle che rappresentavano l’intera stagione e tutte le variabili che erano state prese come indicatori.

Sulla base di tutte queste indicazioni si sono scelte tre famiglie che avevano avuto lo sviluppo migliore, la progressione più umogenea, non avevano sciamato e si presentavano più forti, quindi più adatte per il proseguimento del programma.

A questo punto era necessario ridurre al minimo i fuchi delle famiglie che non erano state scelte, installando le opportune trappole sfucatrici.

Le due famiglie più forti tra quelle che non erano state scelte per la continuazione del progetto, sono allestite per fungere da starter delle celle che si sarebbero realizzate mediante traslarvo.

Dalle famiglie scelte quindi, si sono operati i traslarvi e preparate le “stecche” da inserire negli starter.

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Durante i giorni necessari perché le celle reali si sviluppassero e arrivassero a maturazione, tutte le famiglie che non si erano dimostrate idonee al proseguimento, sono state smembrate e con quei telai e quelle api si sono formati i nuclei equilibrati che avrebbero poi accolto le celle reali delle nuove regine.

Senza dilungarci sulla modalità e tecniche che si devono seguire per lo sviluppo delle regine generate con traslarvo, dopo i fatidici 12 giorni avevamo le celle reali e i nuclei pronti. Si è quindi provveduto ad inserire ogni cella in un nucleo, facendo attenzione che tutti fossero equilibrati tra covata e scorte e di pari forza e condizione.

Qui si sono formati tre gruppi:

  1. è rimasto in apiario per la fecondazione delle regine con i fuchi delle famiglie scelte;
  2. è stato spostato al Pian dei Ciclamini per fare fecondare le regine dai fuchi delle famiglie selezionate di sottospecie carnica;
  3. portato nell’apiario di un socio per una fecondazione in condizioni generiche.

Conclusione prima stagione

I nuclei che sono riusciti a completare lo sviluppo delle regine, che poi si sono fecondate, sono stati distribuiti tra i soci in varie condizioni e ambienti, nell’intento di continuare il lavoro di valutazione e ripetere l’esperienza anche durante la prossima stagione.

Le famiglie scelte sono rimaste nell’apiario di valutazione e, anche in considerazione del fatto che non erano sciamate, ripeteranno l’intero ciclo anche la prossima stagione, insieme ad una parte delle figlie che si sono fecondate sul posto e a quelle fecondate al Pian dei Ciclamini.

Per dare vita alla seconda parte del progetto, l’apiario sarà implementato anche con altre famiglie “nuove” che alcuni apicoltori vorranno conferire, in modo da avere sempre un riscontro e una continuità nella ricerca.

Queste le informazioni attraverso le quali continueremo a tenervi informati.

Non nascondo che il lavoro è stato impegnativo. Di fatto, durante questa stagione COVID ce la siamo cavata abbastanza bene, portando avanti il nostro ormai decennale lavoro al Pian dei Ciclamini ed anche questo nuovo progetto che ci pare interessante.

Chi è interessato ci contatti e chi vuole dare una mano sarà il benvenuto.

Nonostante il COVID i nostri progetti vanno avanti

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